giovedì 26 gennaio 2023

Millefoglie goloso, videoricetta

 

Tortellini spinaci e ricotta , videoricetta

 

Come si preparano i tortelli a due colori, videoricetta

 

Come si prepara la pasta colorata, sfumature di blu , videoricetta

 

Bollose chiacchere di carnevale, video ricetta

 

Come fare la pasta fresca al nero di seppia, videoricetta

 

Parmigiana di melanzane, videoricetta

 

lunedì 9 gennaio 2023

Papai biancu Sardegna


 Papai biancu

Ingredienti:

200gr.di zucchero

100gr.di amido di grano

1 litro di latte

1 limone non trattato

1 dl di acqua di fiori d'arancio


Lavare il limone, sbucciarlo, tenere da parte una listella e tagliare l resto a listarelle

Versare l'amido in una casseruola e diluirlo con un poco di latte,mescolando bene per eliminare eventuali grumi.

Poi versare il latte, lo zucchero, l'acqua di fiori d'arancio e la scorzetta di limone.

Mettere la casseruola sul fuoco basso e mescolando continuamente far cuocere fino ad ottenere una crema densa.

Eliminare la buccia di limone, versare in uno stampo da budino ( inumidito da acqua) e far raffreddare,porlo poi in frigorifero per almeno 4 ore.

Far scottare le listarelle di limone in acqua bollente per alcuni minuti e poi scolarle.

Mettere il dolce su un piatto sformandolo dallo stampo e decorarlo con le listarelle di limone.

venerdì 6 gennaio 2023

Panna cotta

 



Panna cotta

Tempo di preparazione

15 min

Tempo di cottura

15 min

Tempo totale

30 min


INGREDIENTI RICETTA

250 ml latte

250 ml panna fresca

8 g gelatina/colla di pesce

75 g zucchero

PREPARAZIONE DOLCE

Prendete una bacinella, versatevi dell’acqua fredda e immergete i fogli di gelatina. Lasciateli ad ammorbidire per circa 10 minuti.

Versate il latte in una casseruola e scaldatelo a fuoco basso, facendo attenzione che non bolla. Ritirate la casseruola dal fuoco. Sgocciolate e strizzate i fogli di gelatina e immergeteli nel latte. Mescolate fino a quando la gelatina non sarà completamente sciolta, è importante che non si formino grumi.

Prendete una pentola e versatevi la panna, lo zucchero. Incidete verticalmente il baccello di vaniglia e, aiutandovi con il coltello, estraete i semi. Aggiungete alla panna i semi di vaniglia.

Mettete sul fuoco la pentola contenente la panna e regolate il fornello a fiamma bassa. Mescolate continuamente fino a portare a bollore. Raggiunto il punto di ebollizione togliete immediatamente la pentola dal fuoco.

Aggiungete il latte con la colla di pesce alla panna e mescolate per amalgamare gli ingredienti.

Prendete gli stampini che avete deciso di utilizzare e bagnateli con dell’acqua ghiacciata per raffreddarli. Sgocciolate gli stampini e versatevi il composto aiutandovi con un mestolo.

Dopo aver riempito tutti gli stampi, mettete la panna cotta in frigo e fatela riposare per minimo 5 ore.

A questo punto l’esecuzione della ricetta panna cotta è terminata, quando sarà il momento di servire il dessert, sformate e guarnite a piacimento. Per estrarre più facilmente il budino, immergete ogni stampino in acqua bollente per qualche secondo, controllando che l’acqua non entri in contatto con la panna.

https://matildevicenzi.it/panna-cotta/


Papurott o Papurogio è il bambolotto, dolce tipico brianzolo della festa

 

Non solo calze della Befana all'Epifania in Brianza. Oltre a dolci, dolcetti e carbone la festa dell'Epifania porta con sè anche un'altra dolce tradizione: il "Papurott".


Papurott o Papurogio è il bambolotto, dolce tipico brianzolo della festa: nella giornata del sei gennaio sulle tavole dei brianzoli, per la gioia dei bambini, non può mancare il fantoccio (esiste la variante con impasto di pan brioche o di frolla) preparato secondo le ricette della tradizione con le sue innumerevoli varianti. L'usanza di sfornare o acquistare i Papurott è particolarmente sentita a Lissone dove ogni anno all'Epifania in città avviene la distribuzione dei dolcetti e anche a Desio. La tradizione vuole che il dolce sia stato preparato per prima da una mamma che non aveva denaro a sufficiente per far trovare ai suoi bambini la mattina seguente qualche dolcetto per l'Epifania. La signora dunque avrebbe deciso di realizzare da sola, alla viglia dell'Epifania, con farina, zucchero e pochi semplici ingredienti, un dolce a forma di bambolotto. 


Ingredienti

250 grammi di farina

55 grammi di burro

30 grammi di zucchero

Scorza di limone (un pizzico a piacere)

15 grammi di lievito di birra

90 ml di latte

1 uovo

Zuccherini, uvetta e confetti colorati per la decorazione

Stampini a forma di bambolotto o manualità per conferire la forma al Papurott


Preparazione

Scaldare il latte in un tegame fino a farlo intiepidire e sciogliervi il lievito. Ammorbidire il burro. Setacciare e mescolare insieme in una terrina farina, lievito e sale e aggiungervi il burro morbido insieme al latte e al lievito. Impastare fino a ottenere un impasto omogeneo a cui dare la forma di una palla, ricoprire con un canovaccio e lasciare riposare un'ora e mezza in un posto dove la temperatura non sia troppo bassa. Una volta lievitato l'impasto è pronto per essere lavorato. 


La pasta va stesa e lavorata con gli stampini oppure a mano, per conferire la forma dei fantocci. Ai pupazzetti poi si dovranno aggiungere gli occhi, da creare con dell'uvetta e i bottoni del vestito, da realizzare magari con qualche zuccherino e, per finire, qualche confetto colorato per la decorazione finale. 


Cuocere a 180 gradi per circa 15 minuti, fino a che la superficie non sarà dorata.

https://www.monzatoday.it/cucina/papurott-dolce-epifania.html





Le frisse delle Langhe Piemonte

 



Nella cucina povera del passato in Monferrato ed in Langa, durante il Carnevale, ci si poteva far cullare dall’idea di assaporare una pietanza nobile, di palazzo. Le frisse, infatti, nella loro composizione di carne, spezie e profumi, erano uno squisito manicaretto di nicchia che costituiva un’eccezione alla regola come altre ricette che magari si preparavano due o tre volte all’anno, a scandire avvenimenti importanti.


Vi proponiamo qui la loro ricetta,  ideali come antipasto e consumate assieme agli altri alimenti tipici del fritto misto alla piemontese come i batsoa.

INGREDIENTI

CARNE DI MAIALE INTERCOSTALE MODERATAMENTE GRASSA

400 g

FEGATO DI MAIALE

200 g

SALSICCIA

100 g

PARMIGIANO GRATTUGGIATO

80 g

TUORLO D'UOVO

1

BACCHE DI GINEPRO

10

NOCE MOSCATA

q.b.

CANNELLA

q.b.

SALE E PEPE

q.b.

OMENTO DI MAIALE (RISÈLA O RETÌNA) OPPURE UN CAVOLO VERZA

q.b.

OLIO D’OLIVA E BURRO

In parti uguali per frittura

GIN

1 bicchierino

Procedimento

Sul tagliere tritate con la mezzaluna affilata la carne (va bene anche la coscia) e il fegato di maiale; unite poi la pasta della salsiccia sbriciolata, il parmigiano grattugiato, le bacche di ginepro schiacciate, la noce moscata e la cannella.


Amalgamate questi ingredienti una prima volta; poi salate, pepate, aggiungete il rosso d’uovo e impastate nuovamente. Con le mani fate delle palline grosse come noci e avvolgetele nell’omento del maiale.


Se non avete l’omento, prendete delle foglie di cavolo verza passate nell’acqua bollente per qualche minuto e con esse foderate la noce di carne, aiutandovi eventualmente con uno stecchino.


Cuocetele a fuoco moderato in padella con olio e burro; a fine cottura ravvivatele con una spruzzata di gin che farete completamente assorbire. Se avete usato il cavolo, il gin non ci vuole.

Curiosità

Queste frisse lamorresi sono parenti strette delle grive (nelle quali, però, non compare la salsiccia), ma più morbide perché leggermente più grasse.


Le frisse di una volta (può darsi che la loro origine sia post-rinascimentale) contenevano anche polmone, cuore e cervella; la ricetta che vi presento, invece, l’ho avuta da Michele Brandino, alla seconda generazione di salumiere (il quale, per la verità, prima di chiudere bottega alla fine dei 1991, nelle sue frisse non metteva più la salsiccia, ma soltanto due terzi di carne intercostale e un terzo di fegato).

https://langhe.net/recipes/frisse/


La trippa di Moncalieri Piemonte

 



In pochi sanno che la trippa di Moncalieri è uno tra i piatti più antichi che da sempre delizia i palati dei più golosi. Le sue origini, infatti, risalirebbero al periodo medievale. Si tratta di un piatto povero in quanto ricavato dalle diverse parti dello stomaco del bovino, e non dell’intestino contrariamente a quanto si pensi.

 È una portata che appartiene alla tradizione di molte regioni d’Italia: dalla cucina milanese, passando per quella toscana, per arrivare a quella romana. A seconda delle ricette può essere tagliata in fette e cotta in modi differenti. In alcune ricette regionali, poi, oltre allo stomaco dei ruminanti, viene adoperato anche quello di maiale, detto “trippino”; in rari casi, come l’Abruzzo, viene anche cucinata la trippa dell’agnello.


la trippa di Moncalieri: lavorata come salume

alla fiorentina: al tegame, servita con salsa di pomodori e verdure

alla romana: sempre servita con salsa di pomodoro

la busecca

il lampredotto: adoperato dai trippai fiorentini per la preparazione del tradizionale panino con salsa verde

La quantità di trippa consigliata per persona è di 250 g. La pietanza non ha scarto ma in cottura tende a ridursi.

La preparazione della Trippa d’Muncalè
Ogni stagione il Piemonte ospita diversi eventi in molti dei quali vengono riproposti i piatti tipici della cucina locale e la trippa è sicuramente la protagonista indiscussa del comune di Moncalieri che ogni anno tiene una manifestazione, Il Pentolone della Fiera Nazionale della Trippa di Moncalieri, dove riunisce gli appassionati della pietanza.  La trippa di Moncalieri è un salume la cui preparazione si tramanda da secoli.

Secondo l’usanza la trippa viene preparata servendosi delle parti dello stomaco del suino, precedentemente lavate. Gli ingredienti vengono salati, cotti per otto ore all’incirca in acqua bollente e riposti in uno stampo. Questo passaggio è necessario al fine di comprimere la massa, venendo gli interstizi riempiti di liquido gelatinoso di cottura. Dalle documentazioni storiche ritrovate si fa risalire questa pratica di produzione della trippa al 1400 e la si attribuisce proprio al comune di Moncalieri che per primo ha sperimentato questa nuova metodologia di lavorazione delle frattaglie.
Al termine della fase di cottura si ottiene un salame di colore rosato. Dopo averlo lasciato raffreddare, può essere servito come antipasto, a fette o cubetti, condito con olio extravergine d’oliva, limone e pepe nero.

La trippa di Moncalieri è riconosciuta come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (P.A.T.) italiano. Un riconoscimento importante che la rende un’eccellenza a livello nazionale.
La ricetta: carpaccio di trippa di Moncalieri con ceci e mostarda
Con la trippa di Moncalieri è possibile realizzare numerose ricette. Di seguito ne riportiamo una che siamo certi possa deliziare i vostri palati. Si tratta di una ricetta semplice e veloce che potete preparare come antipasto o come secondo.

Gli ingredienti per persona:
100 g. di trippa di Moncalieri
2 carote
2-3 cucchiai ceci già cotti
olio evo q.b.
sale e pepe q.b.
succo di limone q.b.
mostarda q.b.
prezzemolo tritato q.b.
Il procedimento della ricetta:
Mettiamo in ammollo la sera precedente i ceci con un cucchiaino di bicarbonato. Dopo 12 ore li facciamo lessare in una pentola per 50 minuti (se a pressione per 30 minuti); li scoliamo e li facciamo raffreddare.

Nel frattempo, prepariamo un’emulsione mescolando un paio di cucchiaini di mostarda, un pizzico di sale e pepe, una spruzzata di succo di limone e dell’olio extravergine di oliva.


Disponiamo in una teglia la trippa a fette e la condiamo con l’emulsione precedentemente preparata, le carote tagliate fini e i ceci lessati. 









Tirulën, i biscotti di Isola d’Asti dalla forma rotonda e schiacciata

 

Tirulën, i biscotti di Isola d’Asti dalla forma rotonda e schiacciata

ISOLA D’ASTI. Ad Isola d’Asti c’è una pasticceria, la Pasticceria Gallinotti, che dal 1970 produce dei biscotti dal nome molto particolare: i Tirulën. La prima volta che li ho visti, ho pensato a quale potesse essere il nesso con questo strano nome, ma non sono riuscita a sbrogliare il curioso indovinello piemontese. Mi hanno spiegato poi che i biscotti traggono il loro nome dal fatto che dopo la preparazione dell’impasto, si porzionano “tirando via” (è proprio da questo gesto che deriva il nome!) dei piccoli gnocchetti. Ecco perché sono stati nominati Tirulën!

La preparazione dei Tirulën e il marchio sono stati depositati nel 1977 presso il Ministero Industria Commercio ed Artigianato di Asti, in modo che i biscotti fossero protetti e la loro produzione disciplinata. I Tirulën sono nati dall’intuizione dei primi proprietari della pasticceria: nonno Silvio e nonna Teresa, che volevano creare un biscotto che sfruttasse i prodotti genuini della loro terra. Così nel 1948, impastando farina, latte, strutto di maiale, zucchero, nocciole e limone grattugiato nacquero i primi Tirulën. La ricetta è stata poi tramandata al figlio Renato ed ora alla nipote Silvia.


Nel 1970 si è organizzata ad Isola d’Asti la prima “Sagra del Tirulën e del Barbera”. Da quell’anno in poi il biscotto è diventato il dolce tradizionale del paese. Da più di 40 anni, i Tirulën vengono prodotti con gli stessi ingredienti, che erano stati pensati da Silvio e Teresa; l’unica variante è che oggi viene utilizzato il burro al posto dello strutto di maiale.


I biscotti hanno una forma rotonda, ma schiacciata. La loro consistenza è croccante e friabile, mentre il colore è leggermente dorato all’esterno, ma di un giallo intenso all’interno. Il sapore è un mix ben equilibrato di dolce e amaro, che lascia nel palato un sapore leggermente amarognolo. Grazie a questa caratteristica, risulta ottimo l’abbinamento con il vino Barbera d’Asti o del Monferrato DOC, ma altrettanto indicato è l’accompagnamento con tutti i vini dolci.

Preparazione


Disporre la farina a fontana su una spianatoia, poi aggiungere nel vulcano così ottenuto i seguenti ingredienti: latte, burro, nocciole, lievito e una buccia di limone grattugiata. Impastare fino ad ottenere un composto omogeneo. Dopodiché, come insegna l’antica tradizione, si strappano dall’impasto tanti piccoli gnocchetti. Prima di metterli in forno, si passano nello zucchero. Regolare poi il forno a 200 °C e lasciare cuocere per 20 minuti circa.

https://www.piemontetopnews.it/un-assaggio-di-tirulen-i-tradizionali-biscotti-di-isola-dasti/


mercoledì 4 gennaio 2023

Animaletti di provola di Marcellinara (Catanzaro) Calabria

 

Inauguriamo la lunga carrellata dedicata ai PAT del Sud Italia con un prodotto caseario della Calabria che, curiosamente, unisce la valenza gastronomica con il fascino dei giochi infantili di un tempo: gli animaletti di provola del catanzarese, particolarmente tipici del comune di Marcellinara. Siamo nell’area più stretta del territorio calabrese, dove si riduce al massimo la distanza tra costa jonica e costa tirrenica, in un borgo collinare di poco più di 2 mila abitanti in cui, da tempo immemorabile, si tramanda l’usanza di modellare – in occasioni speciali e con una pasta filata simile a quella del caciocavallo – dei piccoli cavalli da regalare ai bambini a mo’ di giocattolo commestibile. Se la forma del cavallo è senza dubbio quella principale, al punto da spingere qualche studioso del secolo scorso a ritenere che il nome del caciocavallo potesse derivare proprio da questa usanza, in realtà tale produzione  contempla anche altre figure zoomorfe come maialini e pecore; talvolta la figura del cavallo è arricchita da quella di un cavaliere armato di sciabola o bardato con armatura medievale. Ubicata in un territorio che la leggenda identifica con l’omerica terra dei Feaci, Marcellinara vanta una storia sostanzialmente legata  a quella della famiglia Sanseverino, che nel 1447 l’ebbe in feudo dal re del Regno di Napoli Alfonso I d’Aragona; il paese sorge tuttavia in un’area abitata fin dalla remota antichità greco-romana, per cui non ci sarebbe da meravigliarsi se questi animaletti di provola – come i mostaccioli di Soriano Calabro – fossero il lontano retaggio di antichi doni votivi pagani fatti col cacio la cui lavorazione da parte dei Greci viene menzionata già da Ippocrate nel 500 a.C.


La lavorazione di questi animaletti, come ci ricordano i testi di cucina calabrese e quelli di storia delle tradizioni popolari, viene effettuata esclusivamente a mano. Attualmente i casari li realizzano solo su ordinazione per chi voglia farne omaggio, per adornare la tavola durante le feste o, più frequentemente, in occasione di fiere di paese e di esposizioni gastronomiche. Realizzati in varie misure (da 35 fino a 300 gr.), sono ottenuti dalla lavorazione di latte fresco da mucche normalmente allevate allo stato brado. Il latte viene munto per metà la sera precedente e per metà la mattina della lavorazione. I casari di Marcellinara portano dapprima metà del latte ad una temperatura di 50-60 gradi, per poi aggiungere l’altra metà in modo da poter ottenere la coagulazione ad un temperatura di 38° gradi con l’utilizzo di caglio di agnello, vitello o capretto. Dopo la rottura della cagliata e un breve periodo di riposo si procede alla estrazione del siero. La pasta tagliata a pezzi si lascia maturare per tre-quattro giorni a temperatura ambiente. Si procede quindi alla filatura che avviene con acqua a 80° e quindi si procede col modellarla nelle tipiche forme tradizionali. Si effettua quindi una salatura in salamoia per circa 12 ore, dopodiché gli animaletti si mettono ad asciugare, lasciandoli maturare per pochi giorni in un ambiente fresco e areato. La stagionatura è rara e al massimo può durare due settimane. La pasta filata semidura, di colore paglierino chiaro e di sapore dolce, è compatta e senza occhiature; la crosta, di colore paglierino leggermente più intenso, è sottile e lucida. Gli animaletti si possono gustare da soli oppure accostati a miele di corbezzolo o confettura di mandarino, e sono abbinabili a un vino rosso di media struttura.

https://www.famedisud.it/prodotti-agroalimentari-tradizionali-gli-animaletti-di-provola-di-marcellinara/

martedì 3 gennaio 2023

Fiori dolci, dal ricettario -La cucina della tradizione triestina- di Giuliana Fabricio

 


Fiori

                                                                         

3 cucchiai di farina

1 cucchiaio di aceto

1 uovo

10gr. di burro

1 pizzico di bicarbonato

1 pizzico di sale

Mezzo cucchiaio di zucchero


Impastare gli ingredienti e ridurre la pasta a  sfoglia molto sottile.

Tagliare con l'aiuto di 2 bicchieri di diametro diverso

Praticare dei segni a croce sui dischetti e sovrapporre il piccolo sul grande.                    

Friggere in olio bollente premendo al centro con un manico di legno

Guarnire poi con crema pasticcera creando così dei fiori dolcissimi



Questi sono fiori di frolla, li ho postati solo per dare un'idea